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Isole Tremiti: Abbazia-Fortezza di San Nicola



É senza dubbio un angolo del nuovo paradiso terrestre come furono chiamate le piccole isole dell'Adriatico. Ed in questo paradiso, tra cielo e mare, sulla roccia millenaria di San Nicola, s'erge maestoso il Santuario Monastero e Fortezzadi Santa Maria a Mare, che Bertaux battezzò con il nome significativo di Montecassino in mezzo al mare.

(P. Armando M. Di Chiara, da La Montecassino in mezzo al Mare, Torremaggiore 1980)

Il Santuario di Santa Maria a Mare è una chiesa cattolica, nei corsi dei secoli anche monastero e abbazia, situata sull'isola di San Nicola nell'arcipelago delle isole Tremiti al largo della costa garganica nel mar Adriatico.

La chiesa ricade sotto la giurisdizione dell'arcidiocesi di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo.


Le origini della chiesa vertono su una leggenda, della quale esistono diverse versioni, che hanno tutte, però, come protagonista un eremita approdato sull'isola di San Nicola nel III secolo d.C.

Il gesuita Padre Guglielmo Gumppenberg[3] riporta che l'eremita, provenuto da un luogo ignoto, elesse l'isola di San Nicola come luogo di romitaggio durante i primi secoli del Cristianesimo. La santità dell'uomo fu premiata con una visione della Vergine Maria, che, dopo aver rassenerato l'uomo atterrito dall'evento, gli ordina di costruire un maestoso tempio in suo onore. L'eremita, dedito più alla contemplazione che all'operare, rimase titubante davanti all'incarico di assumere il peso di tanto lavoro, pensando anche alla sua povertà e a quelle delle isole che lo ospitavano.

Allora la Madonna gli indicò un luogo dove scavare per procurarsi i tesori necessari al compimento dell'opera affidata al sant'uomo. L'uomo non scavò per troppo tempo che ritrovò un'iscrizione sepolcrale, dietro la quale si celavano incredibili ricchezze, degne di un re. La leggenda vuole che questo sepolcro altro non fosse che la mitica sepoltura dell'eroe omerico Diomede. L'eremita prelevò dal tesoro il necessario alla costruzione di un sontuoso e magnifico edificio, obbedendo così alla volontà mariana.

La leggenda viene riportata con maggiori particolari dalla Cronica Istoriale di Tremiti, scritta da don Benedetto Cocorella alla fine del '500, ad iniziare dalla data di approdo dell'eremita sull'isola di San Nicola, che viene indicata intorno al 312 d.C.

In questo caso l'apparizione mariana al sant'uomo, molto devoto alla Madonna, avvenne una notte mentre l'eremita era assorto in preghiera. La Vergine richiese all'uomo di edificare in quella terra rocciosa circondata dal mare che aveva scelto come dimora un magnifico tempio in suo onore per poter concedere grazie a chi si sarebbe recato per pregare e richiedere la sua protezione.

L'uomo, invaso di immensa gioia per il santo privileggio, restò comunque perplesso e meditabondo, tanto da portare la Vergine a domandargli il motivo di questo stato. La risposta fu che lui viveva nella completa povertà e per edificare un santuario occorrevano invece ingenti ricchezze. La Madonna invitò l'uomo a scavare nei paraggi del luogo dell'apparizione. L'eremita obbedì all'invito appena fatto giorni, e dopo giorni di dura fatica rinvenne in una spelonca molti oggetti preziosi. Ringraziata la Madonna, l'uomo si imbacò sulla sua barchetta, confidando nel mare calmo, nella giornata di sole e nella Divina Provvidenza.

Il sant'uomo, secondo la cronaca, fu rapito da un sogno dolce e ristoratore e uno zefiro soave lo sospinse fino alla lontana Costantinopoli, dove sbarcò il giorno seguente. Qui trovò, pronta agli ormeggi, una nave carica di tutto il materiale necessario alla costruzione. La nave imbarcava anche operai edili, con i quali l'eremita riuscì a costruire la cappella dedicata alla Madonna.

L'uomo una volta terminata la costruzione del tempio non ritenne il suo compito concluso e si impegnò a diffondere la devozione mariana tra i pescatori, mercanti e tutti gli altri che approdavano nella rada dell'arcipelago durante il cattivo tempo. Questi, nel ritornare a casa parlavano delle meraviglie viste ed udite, tanto che in breve tempo si sparse la fama dell'eremita e della chiesa da lui edificata ed altri eremiti raggiunsero l'isola.

La Cronica continua dicendo che dopo circa sei secoli i pochi eremiti rimasti sull'isola erano tutti ormai molto vecchi, e i monaci dell'Ordine di San Benedetto venuti a conoscenza delle meraviglie del luogo e desiderosi di aprire un loro cenobio in un luogo tanto solitario e propizio alla vita ascetica sostituirono i pochi eremiti rimasti con l'approvazione papale.
[modifica] I benedettini

Secondo il Chartularium Tremitense il primo centro religioso fu edificato nel territorio delle isole adriatiche nel IX secolo ad opera dei benedettini come dipendenza diretta dell'abbazia di Montecassino. Si presuppone che nei primi tempi i monaci cassinesi vissero in povertà.

Certo è che nell'XI secolo il complesso abbaziale raggiunse il periodo di massimo splendore, aumentando a dismisura possedimenti e ricchezze, cosa che portò alla riedificazione da parte dell'abate Alderico della chiesa con consacrazione nel 1045 effettuata dal vescovo di Dragonara.

La magnificenza di questo periodo è testimoniata dalla presenza tra le mura del monastero di ospiti illustri, tra i quali Federico di Lorena (futuro papa Stefano IX) e di Dauferio Epifani (futuro papa Vittore III) e da una bolla di Alessandro IV del 22 aprile 1256 in cui viene confermata la consistenza dei beni posseduti dalla comunità monastica.

L'intero complesso rimase un possedimento dell'abbazia di Montecassino per circa un secolo, nonostante le pressanti richieste di autonomia e le proteste dei religiosi tremitesi.

Nel XIII secolo, oramai svincolata dal monastero cassinese, aveva possedimenti in terraferma dal Biferno fino alla cittadina di Trani. Secondo le cronache dell'epoca le tensioni mai assopite con il monastero laziale e i frequenti contatti con i dalmati, invisi alla Santa Sede, portarono i monaci del complesso a una decadenza morale che spinse nel 1237 il cardinale Raniero da Viterbo ad incaricare l'allora vescovo di Termoli di sostituire l'ordine di San Benedetto con i Cistercensi alla guida dell'abbazia.
[modifica] I cistercensi

In seguito Carlo I d'Angiò munisce il complesso abbaziale di opere di fortificazione. Nel 1334 l'abbazia fu depredata dal corsaro dalmata Almogavaro e dalla sua flotta, i quali trucidarono i monaci mettendo fine alla presenza cistercense nell'arcipelago.

Nel 1412, in seguito a pressioni e lettere apostoliche, e su diretto ordine di Gregorio XII, dopo il rifiuto di diversi ordini religiosi, una piccola comunità di Lateranensi, proveniente dalla chiesa di San Frediano in Lucca e guidata da Leone da Carrara si trasferì sull'isola per ripopolare l'antico centro religioso.

I Lateranensi restaurarono il complesso abbaziale, ampliandone inoltre le costruzioni, soprattutto con la realizzazione di numerose cisterne ancora oggi funzionanti ed estesero i possedimenti dell'abbazia sul Gargano, in Terra di Bari, Molise e Abruzzo.

Nel 1567 l'abbazia-fortezza di San Nicola riuscì a resistere agli attacchi della flotta di Solimano il Magnifico.

L'abbazia fu soppressa nel 1783 da re Ferdinando IV di Napoli che nello stesso anno istituì sull'arcipelago una colonia penale. Nel periodo napoleonico l'arcipelago fu occupato dai murattiani che si trincerarono all'interno della fortezza di San Nicola resistendo validamente agli assalti di una flotta inglese. Di questi attacchi sono visibili ancora oggi i buchi delle palle di cannone inglesi sulla facciata dell'abbazia.









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