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San Marco in Lamis: il panettone agli ortaggi tra i migliori dieci d'Italia

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Il suo panettone è considerato fra i dieci migliori d’Italia dalla rivista specializzata «La cucina italiana». Un anno fa, quando si cimentò per la prima volta nel genere, era partito per farne cento e invece furono talmente tante le richieste che dovette arrivare a novecento. Quest’anno si replica, tiratura e richieste sono però triplicate: «Arriveremo a farne tremila, ma ce ne chiedono per cinquemila e non ce la faremo a esaudirle tutte». Il geniale pasticcere che combina l’ortofrutta e gli ortaggi con la vaniglia, il burro e lo zucchero a velo nasce 34 anni fa a San Marco in Lamis da una famiglia di panificatori.

Il “forno Sammarco” è del 1961, ma Antonio Cera lo erediterà molto tempo dopo non prima della laurea alla Bocconi. «Tutti mi chiedono adesso che senso può aver avuto studiare tanto per poi tornare a casa a fare il fornaio, ma io mica posso spiegare che il sogno della mia vita era proprio questo», quasi si giustifica. Magari ribaltando il concetto si può pensare che la laurea in Economia non sia proprio indispensabile per un panificatore, ma Antonio non sarebbe comunque d’accordo: «Ero partito per fare esperienza. Volevo approfondire, conoscere nuove realtà, capire il mondo e lo studio mi ha dato questa opportunità. Perciò ho raccolto e portato a casa, solo così avrei potuto realizzare quello che sto facendo. I luoghi comuni li lascio agli altri».

Ebbene oggi il panettone “nero” di Antonio è diventato un cult, una prelibatezza per una ristretta cerchia di intenditori. Prodotto di nicchia per gli amanti del vero panettone artigianale, il panettone “nero” del Gargano resta ancora un nome provvisorio di un marchio che non esiste. Chi l’acquistato dice di averlo fatto perchè spinto da quella sua curiosa definizione – “panettone alle olive” – anch’essa provvisoria (almeno così pare), così come la scritta a mano che fa tanto di prodotto autenticamente fatto in casa. Ma c’è pure chi lo ha già ribattezzato “panettone terrone” o “panterrone”, copyright dello chef Peppe Zullo.

Partiamo dal colore, perchè nero? «E’ dato dalle olive candite – spiega Antonio Cera – varietà Cellina, quasi tutto introvabile sul mercato. Come il burro di vacca podolica della famiglia Colantuono, molisani di Frosolone che stazionano con il loro bestiame per sei mesi a San Marco in Lamis: ne fanno appena 600 grammi al giorno. E poi ci sono gli ortaggi, la nostra caratteristica. Lo dice anche Corrado Assenza, il più grande dei maestri del dolce e salato: tutto dei prodotti della terra si può addolcire. E così l’ho preso alla lettera: quest’anno le olive, l’anno prossimo penseremo alle carote, al sedano, all’insalata e persino al lampascione che piace tanto alla clientela del Nord. Con i miei collaboratori ci stiamo già attrezzando: i panettoni per il Natale 2014, 2015 e 2016 caratterizzeranno ulteriormente la produzione agricola del nostro territorio».

Sarà pure di nicchia, ma oggi il panettone nero lo conoscono un po’ dappertutto: «Ha funzionato il passaparola – dice – mi arrivano richieste da Palermo, Milano e dalla mia stessa provincia: un negozio di Manfredonia ha venduto 130 pezzi, tutti quelli che aveva. Cerchiamo di accontentare un po’ tutti, dai privati ai ristoratori. Teniamo fuori solo i più grandi, non possiamo evadere ancora richieste per migliaia di pezzi. Vorremmo aumentare la produzione, o forse meglio di no». Il mercato viaggia a pieni giri, rispetto a un panettone artigianale classico (che costa circa 20 euro), il panettone nero alla manteca di vacca podolica sembra proibitivo, comunque non per tutte le tasche, a 38 euro (di base), prezzo che lievita fino a 65 euro con le spese di trasporto fino a Milano. Non c’è crisi per il panettone nero, la legge di mercato di Antonio Cera è vincente: ecco a cosa gli serviva laurearsi alla Bocconi.

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