La procedura ha una evidenza scientifica e la sua conoscenza è diffusa in ogni dove. Ricotta ‘facile’, saporita e (perché no!?) anche abbondante, non solo a Rignano Garganico ma nel resto della Capitanata e d’Italia o meglio là dove la pastorizia e la zootecnia in genere sono attività economiche vitali e consistenti.

Basta inserire alcuni rametti di fico nel siero e il gioco è fatto. Si utilizza il liquido già sfruttato a dovere nelle precedenti cagliate con ricavi di formaggio e ricotta, semmai con l’aggiunta o meno di un certo quantitativo di latte fresco. La procedura è la stessa. Si fa bollire il tutto, quindi si lascia raffreddare per alcuni minuti e poi con la schiumarola si estrae la nuova ricotta, depositandola man mano nelle ‘fascelle o fuscelle’ (ieri di paglia grossa, oggi di plastica).

Si nota subito che è soffice, bianca e saporita come la prima. Fino a pochi decenni fa la procedura era tenuta in gran segreto, considerandola una sorta di furbizia contro natura. Ora non più in quanto si ha finalmente una conoscenza diffusa dell’evidenza scientifica. I rami di fico non sono altri che lieviti di origine vegetale alla pari dell’aceto e di altre sostanze simili ed hanno lo stesso effetto coagulante dei lieviti d’origine animale, come abomaso di capretti, agnelli e di ruminaci in genere.

Comunque sia, il discorso in materia è molto complesso, specie se si affronta la produzione della grande distribuzione. C’è poi la ricotta ‘faidate’ ossia quella fatta in casa, da molti ritenuta un rimedio-risparmio contro la crisi che stiamo attraversando. Provate e vi accorgerete subito che è un altro passo avanti verso l’indipendenza dalla grande distribuzione! Tra non molto, basterà una vasca di terracotta, una mucca, una pecora, un maiale e una gallina e saremo a posto, come ai tempi della mitica nave di Noè.

di Antonio Del Vecchio

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