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'Rodi Garganico, i tuoi limoni dicono com’è l’Italia'

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Pasolini in spiaggia, forse un busto.

Pier Paolo Pasolini propose; innanzitutto al «Corriere della Sera» e poi ad altri gior­nali, la sua idea di Giro d'Italia dalla Liguria al Friuli Venezia Giulia via spiaggia. Ma nessuno accettò. So­lo la rivista il «Successo», che pubblicò in 5 puntate il reportage (oggi trai più richiesti dell'editoria italiana e straniera): un giornalismo che non esiste più, fatti di volti e persone, di storie e di sopralluoghi. Quello dedicato a Rodi - in confronto - con il capitolo che causò il polverone di Cutro (in Calabria) oppure con le pagine bellissime dedicate a Ischia e Capri - non è forse tra i capitoli più belli de «La lunga strada di sabbia», ma certamente una delle pagine più pasoliniane: lenta, riflessiva, quasi a voler decantare la stanchezza fin lì accumulata. Poesia pura, che a taccuino chiuso divenne anche un grande complimento al paese.

L'ammi­nistrazione sta preparando un vo­lume (a cura di Antonia Motta), ma l'idea che ronza in testa al sin­daco Nicola Pinto è onorare quella "benedizione laica" sugli agrumi con un busto. Una statua se pro­prio bisogna esagerare, magari lungo la spiaggia. La stessa spiag­gia che lui, 54 anni fa, solcò a pied poco dopo mezzanotte e che oggi il mare ha (quasi del tutto) ingoiato soprattutto nel tratto litorale. Og­gi lo sanno tutti che Pier Paolo Pasolini è stato a Rodi. In città tengono a pre­cisare. «Non a Peschici, non a Vieste. E' stato qui ... » quando invece, per co­modità visto che veniva dal Salento, avrebbe potuto fermarsi a Manfredonia (non a Foggia, vi­sto che il viaggio si sviluppava solo sulla Lunga strada di sabbia del Paese). Oggi lo sanno tutti, che una notte di luglio del 1959 Pa­solini passeggiò in questa Rodi de­serta, un'altra cosa rispetto alla cittadina garganica circondata (forse troppo, specie in alcuni punti) da alberghi. All'epoca ce ne era­no solo due: la pensione Bologna (oggi non esiste più, all'allora era un raduno di cacciatori che si recavano sul Gargano non ancora area protetta) e' il Miramare (all'epoca in un'altra posizione ri­spetto a dov'è ora). «Non ho alcun documento ufficiale che possa confermarlo, ormai sono passati tanti anni e non conserviamo più i registri antecedenti agli anni Ses­santa - racconta Antonio Apicella, proprietario del Miramare - ma secondo me ... ha dormito qui da noi. Lo facevano tutti i personaggi famosi, anche Marcello Mastroianni (che l'anno prima a Rodi aveva girato parte del film La leg­ge, ndr) venne a dormire da noi: e questo lo so sicuro». Ma lui, Pa­solini, anche se reduce dal grande e controverso successo di Ragazzi di vita (Garzanti, 1955) non era ancora uno di quelli che resta im­presso, non era ancora - come lui stesso odiava dire - uno "popola­re". «Perché? Perché io scrivo, non vado in televisione a far dibattiti». Sembra oggi, sono passati 54 anni e l'Italia è alle prese (ancora) con gli stessi dibattiti. Dello stesso pa­rere il sindaco Pinto, che sul luogo in cui ha soggiornato Pasolini di­ce: «Credo al Miramare, non credo proprio ad altre teorie. Comunque verificheremo anche noi, coi no­stri studiosi e con le persone (po­chissime purtroppo, ndr) che dicono di averlo visto in paese». Ma perché è importante stabilire se Pasolini dormì in albergo o, come sostengono alcuni, all’addiaccio nella sua macchina? Perché al mattino, dopo il risveglio, nel pro­prio diario di bordo personale - che non entrò nel reportage - il poeta scrisse “ho dormito bene, an­che comodo ... ho sognato sogni se­reni, come non facevo da tempo, oggi questo odore di limoni che in­vade l'aria appare come una pro­fezia. Rodigiani o rodesi, i vostri limoni dicono tutto del bel Paese”. Espressione tipica del poeta bolognese, con cui intendeva ironiz­zare sui grandi paradossi dell'Ita­lia degli anni Cinquanta e Ses­santa. Una metafora coltissima sul fatto che, l'odore di civiltà e progresso, stesse in realtà nascondendo l'odore del malaffare che avrebbe caratterizzato l'Italia del boom economico.
Una "consacrazione laica", a cui (purtroppo solo ora) Rodi guarda con attenzione, ma meglio tardi che mai. «Il paese deve pren­dere atto di questo testamento - dice Piero Cotugno, due genera­zioni di imprenditoria turistica e oggi a capo dell'hotel Tramonto - che potrebbe essere l'occasione per diversificare la natura del no­stro turismo. Dal prossimo anno abbiamo aperto agli inglesi (tra i maggiori lettori di Pasolini, ndr) e nelle schede di presentazione noi dobbiamo dire che Pier Paolo Pa­solini trascorse qui un giorno un giorno durante cui ha capito tutto quel che c'era da capire del Gar­gano e dei Garganici. Stiamo lavorando per questo, una strada un busto, un segnale attivo e intelligente della sua presenza qui, ma che non sia un segnale inutile come le tante statue presenti in Italia ... » Ma chessò, una via dei limoni che parta da Rodi per arrivare a Monterosso, il paese di Montale (lui ai limoni dedicò una poesia, una delle più belle del No­bel 1975). «Purtroppo Rodi accolse Pasolini nel periodo in cui si stava disamorando dei suoi agrumi - ar­gomenta Alfredo Ricucci, presi­dente del Consorzio agrumi del Gargano - e nonostante ciò rimase colpito dalla bellezza, dall'odore. Solo alcuni anni dopo, Rodi ha capito che doveva ripartire dagli agrumi. Quello dei limoni è cer­tamente un modo pér interpretare la realtà dei garganici, noi dob­biamo fare tesoro di questi lasciti, anche letterari, perché se sono av­venuti... il motivo è che questo ter­ritorio li merita».

Davide Grittani
La Gazzetta del Mezzogiorno

Il brano diventato un “testamento” “Io solo, appena dopo mezzanotte”
Il rammarico di aver perso il traghetto per le Tremiti: “non ci potrò andare”.

Rodi Garganico, luglio. E' ap­pena passata mezzanotte, e sono solo. Ma solo come può essere solo uno spettro. Tut­ti sono serrati nelle case, di questo paese peraltro abbastanza elegante. I piccoli borghesi foggiani in villeggia­tura, i rodigiani, che domani mattina si devono alzare alle tre, alle quattro, per andare nei campi col mulo. E' suo­nato un misterioso coprifuoco: nessu­no lo trasgredisce. Io cammino per la piccola spiaggia deserta, ai piedi del paese. E nel silenzio che c'è fuori e dentro di me, sento come un lungo, afono crolla. L'intera costa pugliese si sfa in questa quiete, dopo aver infu­riato ai miei occhi, ai miei orecchi, per mattinate e meriggi di caos preumano, sottoumano. Lo sperduto Salento, se­vero come una landa settentrionale, coi suoi paesi greci in sciopero seco­lare; poi l'esplosione di Brindisi, la più caotica, furente, rigurgitante delle cit­tà di mare italiane; e le stupende Otranto e Ostuni, le città del silenzio del Sud; e Bari, che segna il pericolanti e informi come accampamenti, folle sotto i palchi delle luminarie e i podii bianchi traforati delle bande, sono un solo, sordo frastuono. Che si infrange contro le muraglie del Gargano, il cui periplo, a picco sul mare, tra le severe, deserte montagne, allontana dall'Italia di migliaia di chilometri. Ho perso il battello delle Tremiti, non ci potrò an­dare. Ma qui sono in un'isola, non cre­do laggiù sia diverso. Cammino, esle­ge, nel buio del coprifuoco, e già rim­piangono l'interminabile giorno su cui è caduta questa imprevista sera .

Pier Paolo Pasolini

Tratto da «La lunga strada di sabbia» di Pier Paolo Pasolini, fo­tografie Philippe Séclier, a cura di Graziella Chiarcossi (Contrasto 2, pagg. 225, euro 39).

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