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La settimana Santa a San Marco in Lamis: la costruzione della fracchia
La costruzione della fracchia esige esperienza e bravura ed oltre un mese di lavoro. Prima di tutto occorre scegliere il tronco d’albero che deve essere di castagno, di cerro o di quercia poiché non brucia molto in fretta e e deve essere dritto e senza nodi non solo per un fatto estetico ma anche per non avere problemi durante la lavorazione.
Per una fracchia da q. 25 occorre un tronco di m. 10-12 di lunghezza e di circa cm. 30 di diametro.
Una volta che i capifracchisti scelgono il tronco nella Difesa il Comune provvede al taglio e i fracchisti al trasporto del tronco e della legna nel quartiere in cui la fracchia deve essere costruita.
Con la motosega oggi, ma nel passato con cunei (zeppe de férre) e accetta, si divide il diametro del tronco dal lato più sottile in 6-8- o addirittura in 12 parti uguali e dritte per circa m. 8, se il tronco è lungo m.10, per ricavarne le fèrle, cioè delle liste di legno. Si infila subito il primo cerchio e lo si fissa proprio nel punto in cui finisce il taglio. Si allargano poi le ferle e si fissano al cerchio con ferro filato, si procede quindi all’inserimento al centro delle fèrle de lu cugne, che è un pezzo di legno di circa un metro di lunghezza e 20 cm. di diametro con una estremità appuntita e scanalata in 6,8 o 12 punti per una perfetta adesione al centro della fracchia. Si inseriscono poi gli altri cerchi di diverse dimensioni a cm. 80-100 di distanza tra loro e si fissano sempre con il ferro filato alle fèrle. Subito dopo si preparano altre ferle della lunghezza di circa un metro con cui poi ricoprire completamente il cono nella parte più larga.. Si inserisce a questo punto sotto lu cugne un tronco di circa 8 m. con l’estremità appuntita, che fa da spina dorsale a tutta la fracchia. Si passa quindi il cono di legno su un carrello di ferro con due ruote e lo si fissa con cavetti di acciaio di 1-2 cm. di diametro e poi si crea un bilancino, sempre con cavetti di acciaio, che fa da timone. Si fissa il tutto con pezzi di ferro di circa 20 cm.
Si procede quindi a riempire la fracchia con legna verde di cerro, carpino, di olmo (ìvice) nella parte interna; al centro, volendo, con quella sfumata, cioè messa nel forno per liberarla della umidità (come si faceva un tempo) e infine si inserisce quella secca, mista a un po’ de alevanédde (pioppo), che è facilmente infiammabile ma che dura poco. Al centro, per creare dei vuoti di aria e, quindi, per poter facilitare la combustione, si inseriscono 5-6 pezzi di legno in senso orizzontale. Si sistema poi sotto la fracchia e nella parte anteriore una lamiera di ferro che deve trattenere la brace durante la combustione. Sul timone si appoggiano dei sacchi di sabbia che facciano da contrappeso. Si issa, infine, un lungo palo alla cui estremità vengono collocati l’immagine della Madonna Addolorata e un cartello con il nome del fracchista o del circolo o del quartiere che ha costruito la fracchia. Si attaccano, infine, ai cavi di acciaio, sistemati nella parte posteriore, delle catene lunghe 5-6 m. allungate con funi di canapa per circa 20 m. che servono per il trasporto e si decora la fracchia con bandierine tricolori che vanno dal palo al cerchio più largo.
Il Giovedì Santo a sera tutte le fracchie sono pronte e i costruttori, per evitare che durante la notte qualcuno possa danneggiarle, fanno la veglia per tutta la notte. Si riuniscono attorno alla propria fracchia col capofracchista che ne approfitta e per parlare delle sue esperienze passate, ma soprattutto per insegnare ai giovani quali sono gli accorgimenti da usare per costruire una fracchia che bruci bene, che non penda lateralmente e che non si scomponga durante il tragitto. Passano la notte consumando qualche bottiglia di birra e arrostendo del pesce o un po’ di salsiccia. Una volta arrostivano le sarde in quanto si rispettava l’astinenza dalle carni dopo la mezzanotte. E’ per tutti una notte di divertimento moderato.
Nelle primissime ore del pomeriggio del Venerdì Santo 20-30 ragazzi col capofracchista, vestiti in costume (berretto di lana, generalmente di colore rosso con pompon che lambisce le spalle, camicia bianca, gilè nero o comunque scuro, pantaloni fino al ginocchio, calzettoni generalmente bianchi con pompon) trasportano la fracchia in via Rosselli, cioè in prossimità della chiesa dell’Addolorata dove vengono messe in fila in ordine di grandezza. Qualche minuto prima che inizi la processione vengono irrorate di liquido infiammabile e poi accese.
La processione inizia con le fracchie piccole portate dai bambini accompagnati dai familiari; seguono quelle più grandi, poi i lampioncini e le scene viventi riguardanti la Passione du Gesù preparati dalle scuole, dalle associazioni o anche da privati cittadini; viene poi la statua della Madonna Addolorata seguita dai fedeli che cantano lo Stabat Mater. Chiudono la processione le fracchie di media grandezza e le giganti che lungo il tragitto vengono stuzzuniate dal capofracchista cu lla véria nei punti in cui la combustione lascia a desiderare. Lo stimolo provoca la levata al cielo di una lingua di fuoco e di una miriade di scintille che creano uno spettacolo unico e molto suggestivo.
Finita la processione, le fracchie vengono spente e poi trasportate nei quartieri di origine dove la legna rimasta viene donata o venduta (anche per recuperare una parte delle spese che vengono sopportate) a chi ha il camino o il forno a legna oppure viene conservata per l’anno successivo.
I lampioncini, le scene viventi e le fracchie vengono giudicate dalla Giuria della Pro Loco “Serrilli” che premia con trofei i migliori. Le fracchie che vengono più apprezzate sono quelle che bruciano meglio, ma il sig. Matteo Nardella, di anni , dal quale ho appreso tutte queste notizie, consiglia alla Giuria di prendere in considerazione anche la manifattura della fracchia nel dare il giudizio.
Nel pomeriggio del Sabato Santo fino a pochi anni fa sfilavano, invece, in processione le statue del Cristo Morto e della Madonna Addolorata della chiesa di Sant’Antonio Abate, accompagnate da fedeli (una volta le donne che partecipavano si vestivano di nero) che cantavano il Miserere e i canti legati alla Passione.
I riti della Settimana Santa a San Marco in Lamis si concludono con la processione della Madonna Addolorata che nel giorno di Pasqua, a mezzogiorno, vestita a festa, ripercorre le strade del paese quasi a voler invitare il popolo a partecipare alla sua gioia.
Nel passato il Sabato Santo, verso mezzogiorno al momento della Resurrezione di Gesù ce sciugghiévene li campane cioè suonavano a festa le campane delle chiese, dopo due giorni di silenzio completo (e precisamente dal Giovedì Santo, giorno della morte di Gesù). Per ricordare ai fedeli l’inizio delle cerimonie religiose, giravano dei ragazzi per le strade della parrocchia suonando la trènnela (raganella).
In tutti i paesi del Gargano le giovani mamme rucelàvene su una coperta stesa per terra in mezzo alla strada, i loro bimbi, che incominciavano a muovere i primi passi, convinte che come ce sciugghiévene li campane accuscì c’èvena sciogghie li jammicciole de lli meninne.
Subito dopo Pasqua i parroci, con la cotta e la stola, giravano per la parrocchia per benedire le case e ricevevano, negli ultimi tempi delle offerte in danaro, una volta, invece, delle uova che il chierichetto o il sagrestano conservava con cura in un paniere di vimini.
Da “La religiosità popolare di San Marco in Lamis”
Grazia Galante
www.graziagalante.it
sanmarcoinlamis.eu
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