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Manfredonia: La stele colorata
Unica nel suo genere è tra le stele daunie meglio conservate. Fa parte di una collezione di reperti provenienti dall’agro sipontino e conservati dalla Provincia di Vicenza.
Ad oltre mezzo secolo dalla loro “scoperta” e interpretazione ad opera dell’archeologo Silvio Ferri, le stele daunie custodiscono misteri sui quali la fantasia spazia senza limiti. Fra gli enigmi che i vari studi condotti su quelle lastre di calcare istoriate che i dauni del VII-Vi secolo a.C. usavano porre a capo delle sepolture, vi è quello se vi fossero anche stele colorate. Su qualcuna delle oltre duemila stele fin qui rinvenute intere o in frammenti, sono state trovaste tracce di colori ma non tali da dare risposta certa a quel quesito.
Una lacuna finalmente colmata. Una stele daunia colorata c’è e presto ritornerà a Manfredonia espressione ultima di quelle civiltà che si susseguirono nell’agro sipontino sul quale i dauni si insediarono nella seconda metà del millennio a. C. e produssero, tra l’altro, quegli ormai famosi cippi funerari custoditi nel Museo nazionale archeologico di Manfredonia.
A individuarla è stato il sindaco di Manfredonia Angelo Riccardi, da tempo sulle tracce di consistenti collezioni di reperti archeologici localizzate nel Veneto legalmente detenute da un privato e acquistate poi dalla Provincia di Vicenza e da questa cedute a titolo oneroso (34mila euro), al Comune di Manfredonia. Ad un primo gruppo di 77 reperti tra vasi finemente lavorati e dipinti, si è aggiunta una seconda collezione di 99 reperti anche questi in gran parte vasi di ceramica pregiata. Un cospicuo patrimonio archeologico di inestimabile valore storico ed artistico proveniente dall’Antica Puglia ed in particolare, hanno accertato le perizie effettuate dalla Soprintendenza veneta, dall’agro dell’antica Siponto.
Di questo secondo lotto fa parte la “stele colorata”, unica nel suo genere che ha riacceso l’interesse degli studiosi che sperano di trarre utili spunti per definire funzioni e scopi di quelle “pagine di pietra” aperte su un lontano passato.
“Probabilmente – osserva il sindaco Riccardi – è l’anello mancante per completare una storia tanto affascinante quanto straordinariamente unica. Riportare a casa quella stele significa ridare slancio alla cultura del territorio. Un settore da valorizzare anche negli aspetti turistici per le ricadute economiche che comporta. L’obiettivo è quello di organizzare un sistema cultura che metta in rete i vari riferimenti che il nostro territorio ha accumulato nei millenni di storia”.
La stele colorata proviene da scavi clandestini effettuati presso antiche necropoli sipontine. Secondo il collezionista che per primo l’acquistò, venne rinvenuta durante la costruzione della statale Manfredonia-Foggia. Si presenta ottimamente conservata. Alta 93 cm, larga 35 e dello spessore di 5 cm, la stele presenta una decorazione principale antropomorfa ottenuta con profonde incisioni. Si evidenzia pigmento rosso sul fodero della spada, sulle decorazioni verticali della veste e sulla decorazione accessoria, sullo scudo inciso sul retro.
Un eccezionale esemplare di stele daunie ritenute tra le manifestazioni più originali dell’archeologia del’Italia preromana per l’immediatezza e la modernità dei segni che descrivono suggestive narrazioni per immagini
ondaradio.info
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