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Oggi è San Michele: il culto dell'Arcangelo
In Puglia, come per i territori interessati alla transumanza, quindi Molise e Abruzzo, il culto di San Michele Arcangelo era molto sentito già dal V secolo, data della sua apparizione a Monte Sant’Angelo, nei pressi di Foggia. Il 29 settembre e l’8 maggio erano le date che segnavano la partenza dai monti al piano e il ritorno.
Il culto dell’Arcangelo Michele (impropriamente ma tradizionalmente equiparato a un Santo) è di origine orientale. L’imperatore Costantino I, a partire dal 313, gli tributò una particolare devozione, fino a dedicargli il Micheleion, un imponente santuario fatto costruire a Costantinopoli. La prima basilica dedicata all’Arcangelo in Occidente è quella che sorgeva su di un’altura al VII miglio della via Salaria, ritrovata dalla Soprintendenza Archeologica di Roma nel 1996; il giorno della sua dedica, officiata con ogni probabilità da un Papa prima del 450, ovvero il 29 Settembre, è rimasto fino a oggi quello in cui tutto il mondo cattolico lo festeggia unitamente all’8 di Maggio.
Alla fine del V secolo il culto si diffuse rapidamente in tutta Europa, anche in seguito all’apparizione dell’Arcangelo sul Gargano in Puglia. Secondo la tradizione, l’Arcangelo sarebbe apparso a San Lorenzo Maiorano, vescovo di Siponto l’8 maggio 490, e indicatagli una grotta sul Gargano lo invitò a dedicarla al culto cristiano. In quel luogo sorge tutt’oggi il santuario di San Michele Arcangelo nel mezzo del nucleo cittadino di Monte Sant’Angelo, che nel medioevo fu meta di ininterrotti flussi di pellegrini, i quali per giungervi percorrevano un apposito percorso di purificazione detto Via Sacra Langobardorum. Infatti nell’alto Medioevo, la Via Sacra Longobardorum, faceva parte insieme a Gerusalemme, Roma e Santiago di Compostela dei grandi itinerari della fede.
Il culto di San Michele, contribuì a far si che il processo di integrazione dei Longobardi con la gente latina fosse più facilmente attuato. Infatti è chiaro come il culto micaelico, di origine orientale, si affermò sul Gargano, proprio alla vigilia della caduta dell'impero romano (476), creando così una nuova civiltà sorta fra l’incontro di popolazioni italiche, germaniche, celtiche, galliche e longobarde.
Il culto Michaelico ha quindi contribuito ad accelerare il processo di cristianizzazione e a far diventare il Regno Longobardo un'entità nazionale.
In questo quadro di ricerca delle nostre radici storiche, religiose e culturali una parte non secondaria, nella formazione della civiltà occidentale, spetta, quindi, al Gargano, con il santuario micaelico e la nascita e lo sviluppo del suo pellegrinaggio. In questi ultimi anni, infatti, le indagini storico-religiose, oltre che agiografiche, archeologiche ed epigrafiche, hanno messo in evidenza il fatto che grazie ai Longobardi, esista una vasta rete di insediamenti micaelici in Italia e in Europa, con relativi itinerari e "vie sacre" legate al culto micaelico.
Grazie ai Longobardi, si ebbe un grande sviluppo del pellegrinaggio micaelico da Benevento al Gargano, tanto da creare una vera e propria "strada peregrinorum", che prenderà, in seguito, la denominazione di Via Sacra Langobardorum.
Questo percorso che va da Benevento verso il Gargano, attraversando i territori di San Severo, la valle di Stignano, San Marco in Lamis, Borgo Celano, San Giovanni Rotondo e Monte Sant'Angelo, lo troviamo, quale strada di pellegrinaggio micaelico, in un documento dell'849, intitolato Redelgisi et Siginulfi Divisio Ducatus Beneventani, nel quale si parla dei pellegrinaggi fatti dai popoli del Nord Europa attraverso il Gargano.
Il Prof. Giuseppe Piemontese, scrive su un saggio apparso nel sito internet “Il Diario Montanaro” la diversificazione fra via Sacra Longobardorum e Via Franchigena : Il primo documento è del 1030, in cui il Protospatario e Catapano Bicciano parla di una via Francesca che si trova ad est del monastero di San Giovanni in Lamis, fra San Giovanni Rotondo e Monte Sant'Angelo "...et recto tramite vadit ad stratam francescam et hoc itinere vadit ad montem qui dicitur Castellum"; un altro documento è del 1095, riguardante il conte Enrico, comes montis sancti Michaelis Arcangeli, il quale, dietro richiesta dell'abate Benedetto, conferma al monastero di S. Giovanni de Lama, le precedenti concessioni di terre, e ne determina nuovamente i confini, permettendo la libera circolazione degli abitanti delle terre vicine nel tratto che corre lungo le pendici occidentali del Gargano fra l'imboccatura della Valle di Stignano e l'abitato di Apricena "...descendit per mediam paludem ad Spinam Pulicis et vadit ad stratam Francescam ubi sunt magni lapides et ascendit ad vallem...".
Altri due documenti, del 1134 di Ruggero II e del 1176 di Guglielmo II il Buono, fanno riferimento al tratto della via Francesca posto ad est dell'abbazia, immediatamente dopo l'abitato di San Giovanni Rotondo.
Ancora la stessa via Francesca la troviamo in una risoluzione del papa Alessandro III, del 1167, il quale, chiamato a dirimere una questione di possesso tra l'abate del monastero di Santa Sofia a Benevento e quello di San Giovanni in Lamis, identifica il podere in questione dalla sua collocazione in loco qui dicitur Francisca, evidenziando così con il nome della strada un elemento identificativo di tutta la zona posta ai suoi lati.
Invece la denominazione di Via Francigena la troviamo a riguardo dell'itinerario che si svolgeva lungo la direttiva Aecae-Luceria-Sipontum, citato solo in qualche documento medievale, fra cui uno del 1024, detto Privilegium Baiulorum Imperialium, in cui il Catapano bizantino Basilio Boiannes, elencando i confini della città di Troia dallo stesso fatta riabitare "cum magno studio et velocitate", riferisce che uno di questi "...tendit ad Montem Aratum, et transit usque ad stratam Bovini, et inde usque ad fraxinum et ficum sicut discendi et ferit ad viam francigenam".
In tutti gli altri casi, come abbiamo visto, il pellegrinaggio diretto verso il santuario di San Michele si chiamava Via Francesca e nella dizione popolareVia Sacra Langobardorum. Via Francigena del sud è una qualifica, quindi, indistinta e generalizzante, che comprendeva l'intero percorso viario del pellegrinaggio cristiano dalla Francia fino a Roma. Mentre quello più specifico riguardante Benevento e il Gargano, sia lungo la direttiva della Litoranea che quella dell'Appia-Traiana, poteva essere chiamata, come lo intendiamo noi, come Via Francesca o più propriamenteVia Sacra Langobardorum, che costituiva un itinerario specifico riguardante l'Italia meridionale, con riferimento esclusivo al santuario micaelico.
San Michele nella Marsica
San Michele, il grande Arcangelo, racchiude in sé quelli che erano nel mondo antico i poteri di varie divinità, ovvero appare come l’insieme di diverse funzioni simboliche che sono evidenziate nelle sue rappresentazioni, diffuse dal medioevo fino al diciannovesimo secolo.
Viene chiamato nell’offertorio della messa dei defunti; è individuato come il combattente del Dragone, ovvero del demonio, rappresentando la vittoria contro le tenebrose forze del male; e ancora il Signore della giustizia divina che separa il bene dal male (gli attributi della spada e della bilancia); ed è Asse del Mondo (il simbolo della lancia).
Per quanto innanzi detto, sono numerosissimi i riti e le chiese nella regione marsicana intitolati a San Michele Arcangelo, titolare non solo della famosissima grotta di Balsorano che, secondo una tradizione, sarebbe in collegamento sotterraneo con il Santuario dedicato al Santo nel Gargano in Puglia, ma anche di una grotta a San Pelino (frazione di Avezzano) e di un’altra, lunghissima, posta nella Vallelonga, anzi, secondo i racconti popolari, questa grotta metterebbe in comunicazione tutti e quattro i paesi di Ortucchio, Trasacco, Collelongo e Villavallelonga; davanti a essa, in cima a una roccia, c’è una specie di cippo che la gente del luogo chiama “la cosa di San Michele”.
A Celano, la chiesa di Sancti Michaelis Archangeli ebbe origine da una donazione che il conte Pietro, figlio di Ruggero di Celano, fece ai padri celestini sul finire del trecento, come risulta da un decreto dello stesso datato 19 settembre 1392 in cui dona il proprio palatium ai monaci dimoranti in San Marco alle Foci affinché sia utilizzato come nuova sede del monastero con affiancata la chiesa.
Per l’edificazione della chiesa bisognerà attendere la metà del quattrocento (1451), come si evince da un’iscrizione, ora perduta, in cui Lionello di Acclozamora dichiara di aver completato la costruzione della struttura la cui abside e campanile erano ricavati sulle mura e la torretta della primitiva cinta muraria della “Cittadella”: Me. complere. fecit. Leonellus / Acclozamora. Monachorum / vitam. in. melius reformatam /Anno.D(omin)i. M.CCCC.LI. Vicino alla chiesa era il Palazzetto Comunale di Celano nell’ottocento.
San Michele, festeggiato il 29 settembre, è anche il Santo Patrono di Gioia Dei Marsi.
L’importanza del santo viene evidenziata anche da Dante nella Divina Commedia, nel girone dell’Inferno, quando insieme a Virgilio, sentono un vento impetuoso “per gli avversi ardori”… Era proprio San Michele, che dal Paradiso scende all’Inferno per redarguire i dannati.
Linea di San Michele
(Linea di San Michele da St Michael’s Mount in Cornovaglia a Monte Sant’Angelo sul Gargano)
Lo studioso protestante tedesco Ferdinand Gregorovius (1821-1891) definì il santuario micaelico di Monte Sant’Angelo, sul Gargano, “la metropoli del culto dell’Arcangelo in Occidente”: tale definizione trova puntale riscontro in una storia che dura da più di quindici secoli e ha contribuito e creare un ricco patrimonio di fede, arte e cultura e a fare del promontorio garganico uno dei luoghi privilegiati della religiosità e della devozione popolare dell’Europa medievale. Il primo percorso dall’Oriente verso il santuario garganico fu quello fatto, durante la guerra greco-gotica (535-553). Durante i secoli si sono poi create delle linee, o vie di pellegrinaggio, da parte dei popoli nordici e non solo franchi, come erroneamente potrebbe sembrare dal nome della strada Franchigena. Una di queste linee energetiche è la “Linea di San Michele”; si tratta di una linea coincidente con la Via Langobardorum e che collega St Michael’s Mount (Cornovaglia) con Mont Saint Michel (Francia), la Sacra di San Michele in Val di Susa, l’Eremo di San Michele di Coli nei pressi di Bobbio e il Santuario di Monte Sant’Angelo nel Gargano. Infatti, congiungendo questo punti sulla carta geografica “magicamente” appare una linea retta che congiunge i santuari dall’Inghilterra alla Puglia, arrivando esattamente a Monte Sant’Angelo nella Valle dell’Idro a Otranto. Un’altra caratteristica di questa linea è il suo perfetto allineamento con il tramonto del sole nel giorno del solstizio d’estate, giorno che è sempre stato ritenuto importante per riti e connessioni energetiche con la natura.
Tratto da www.terremarsicane.it
ilsipontino.net
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