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Puglia, paradiso dei gourmet

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Ha sempre avuto una grande tradizione culiniaria, ma ora è arrivata una nuova generazione di chef che la sta lanciando nell'empire del gusto. Da Peschici a Tricase, dalla Murgia al Gargano

Ristorante Cielo, Ostuni Ristorante Cielo, OstuniLa cicoria con la purea di fave, le orecchiette con le cime di rapa, il Negroamaro e il Primitivo di Manduria. Non puoi tornare da un viaggio in Puglia senza averli assaggiati. Resistono alle mode i caposaldi della cucina pugliese, ma il panorama, in questa lunga striscia di terra, è molto più variegato dei cliché. E non ha nulla da invidiare alle regine del Mezzogiorno, Campania e Sicilia. Dalle Murge al Gargano, dal Tavoliere al Salento, una nuova generazione di cuochi reinterpreta i piatti della tradizione in chiave innovativa e gioca con le materie prime, un giacimento tra i più generosi d'Italia. La burrata di Andria ad esempio, il formaggio a pasta filata dal cuore dolce e burroso. Per assaggiarla i turisti-gourmet giapponesi fanno la coda nei caseifici, mentre il giovane chef Felice Sgarra, nel suo ristorante Umami, nel capoluogo della Murgia, la abbina all'ostrica rossa di Gallipoli e la porta in tavola con un'insalata di carote di Polignano e una granita di sedano.

«Quando esce dai caseifici la burrata non viene salata, per evitare che durante il trasporto diventi troppo sapida. Per questo aggiungo una spruzzatina di sale e una goccia di olio extravergine di oliva», spiega il cuoco, che in menù ha anche il millefoglie all'olio extravergine d'oliva con mousse di patate, ricotta e mandorle di Toritto, la varietà dell'Alta Murgia protetta da un presidio Slow Food. «Da bambino trascorrevo intere giornate nel mandorleto di mio nonno, nella campagna di Castel del Monte. A settembre raccoglievamo le mandorle, le facevamo essiccare al sole e poi le sgranavamo. Per me la tradizione è questo: stagionalità dei prodotti, ricordi ed emozioni da trasferire nei piatti», aggiunge. Ricordi che si affastellano anche nella memoria di un pastaio quasi centenario, Attilio Mastromauro, il fondatore di Granoro. A Corato, nell'entroterra barese patria del grano duro, l'azienda produce 3.500 quintali al giorno di pasta, dai formati classici alle "specialità di Attilio" (paccheri, candele, spaghetti alla chitarra e spaghettoni), fino alla nuova linea Integrale Bio. In Puglia le storie del cibo si impastano con le vicende delle persone, la cultura, l'arte e la geografia. Per capirlo basta sfogliare la nuova guida "Salento" (Touring Editore-Slow Food editore), quattro grandi itinerari con 200 indirizzi slow e approfondimenti gastronomici, sullo sfondo di spiagge e mare, masserie, vini e l'immancabile taranta. A Ceglie Messapica, l'antica Kailìa dei Messapi nell'Alto Salento, Lillino Silibello dirige il ristorante Cibus.

La cucina di mamma Giovanna è una fucina di idee, con Lillino che sperimenta ricette come il grano con fonduta di caciocavallo e tartufo della Murgia e riscopre un caposaldo della tradizione: la Sagnapenta, la lasagna della Pentecoste con mollica di pane fritto e ricotta forte di capra, a cui Silibello aggiunge il ragù con puntine di agnello e maiale che nel passato veniva eliminato per rispettare i precetti religiosi. «Un tempo le ricette erano figlie del mondo contadino, le persone lavoravano tutto il giorno nei campi», racconta: «Oggi il nostro stomaco è diverso e i piatti della tradizione vanno alleggeriti. Anche la english breakfast è nata per i minatori, mica per chi va in ufficio in giacca e cravatta». Non lontano da qui, a Ostuni, la fondazione Dieta Mediterranea promuove attraverso eventi e concorsi gastronomici internazionali la cultura alimentare del Mare Nostrum. Un patrimonio di valori che Sebastiano Lombardi conosce bene. Lo chef del ristorante Cielo, nella "Città bianca", quest'anno ha conquistato la prima stella Michelin. Ha convinto i critici con l'Acquasale, tipico piatto povero a base di pane raffermo, acqua tiepida e ortaggi. Alla ricetta originaria Lombardi ha aggiunto il pesce azzurro. «Ho voluto dare un sapore in più, che per le famiglie di un tempo era un lusso. La Puglia è una miniera d'oro di ingredienti, sta a noi cuochi diffondere la cultura di questa terra».

Ha già raccolto l'appello Domenico Cilenti del ristorante Porta di Basso a Peschici, a picco sul mare del Gargano. E' appena tornato da Montreal, in Canada, dove è andato insieme ad altri chef per promuovere la cucina pugliese, nell'ambito del progetto Sud Food System sponsorizzato da Regione Puglia e Associazione Pugliesi nel mondo. Nel menù che porta all'estero non mancano mai i piatti di identità come il pesce azzurro con cicoriella selvatica, pane all'aglio e sale alla vaniglia. A dare il tocco decisivo alle ricette sono le spezie - cicoriella, finocchietto, rosmarino - e le erbe spontanee del Gargano: crispino, lampascione, borragine. «Rispetto alla cucina delle nostre mamme, l'innovazione principale consiste nelle tecniche di cottura dei cibi», spiega Cilenti: «Le cicorielle, ad esempio, invece di essere cotte nell'acqua vengono bollite al vapore per lasciare intatti principi nutrizionali e la bellezza dei colori».

 

di Emanuele Coen

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