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NEWS Gargano: Arance, tra Ponente e Levante Un frutto, dunque, che segna i traffici e le mulattiere di mare (come direbbe De Andrè) da un capo all’altro del Mediterraneo, dall’Oriente greco e poi arabo all’Occidente iberico, e che trova una particolare varietà anche nella nostra terra, spesso protagoniste di queste rotte di Antonio Caso
Il termine “arancia” proviene dalla parola persiana nāranğ,letteralmente "frutto favorito degli elefanti"; esiste, però, anche un’altra etimologia legata al suo arrivo in Europa come ben esplicita la parola greca πορτοκάλι. Se la prima versione è rimasta oltre che in italiano, anche in spagnolo, "naranja”, in ungherese "narancs" ed in veneziano “naransa”, la seconda persiste, oltre che in altre lingue indoeuropee come il rumeno e l’albanese, anche in altri dialetti della nostra penisola (in alcune parti del Piemonte e dell’Emilia-Romagna) e del nostro Sud come in Basilicata, in diverse parti della Campania, della Calabria e dell’Abruzzo; in Sicilia sono presenti entrambe le forme “purtualli” e “arànciu”, con una maggiore diffusione della prima. Per quanto riguarda la Puglia, l’arancia viene indicata col termine “portacallu” in Salento e “portajall” sul Gargano, ma caso a sé fa Taranto come esplicato nel «Vocabolario del dialetto tarantino» del sacerdote Domenico Ludovico De Vincentiis del 1872 dove sono attestati sia “maràngia” sia “purtijalle” (“Purtugallu” nell’uso comune). Il termine è tradotto come melarancia che, riscontrabile sin dalle fonti latine, a partire dal 1691 fu accompagnato da «arancia» nel Vocabolario degli Accademici della Crusca, ma permase fino ad epoca più tarda nella sua forma originaria. Caso a sé fanno comunque le lingue germaniche che identificano il frutto letteralmente come “mela cinese” e non completamente a torto. Si ritiene, infatti, che sia effettivamente originario della Cina dove nel 304 d.C., in un libro intitolato «Piante della regione del sud-est», lo scrittore Chi-Han racconta dell’abitudine di mangiare agrumi, in particolare l’arancia dolce. Sempre dal paese del dragone ci è giunto anche il «Trattato degli aranci», il primo dedicato a questo frutto, scritto da Han Yanzhi nel 1178. Dal paese dell’Estremo Oriente, l’arancia sarebbe stata portato quindi in Asia Minore, in Egitto e in Nord Africa dagli Arabi per poi arrivare in Europa per mano degli stessi o, più probabilmente, da marinai portoghesi grazie al boom delle esportazioni registratosi a partire dal 1497 con l’apertura della rotta del Capo di Buona Speranza per mano di Vasco da Gama, attraverso la quale le piante di arancia avrebbero lasciato la Cina per essere portate al porto di Lisbona dal quale sarebbero state diffuse in tutta Europa. Nel 1518 in Messico vennero impiantati i primi aranci anche nel Nuovo Mondo.Tuttavia, secondo la mitologia greca la dote di Era, sposa di Zeus, consisteva in alcuni alberelli i cui frutti erano meravigliosi globi dorati che il re degli dei avrebbe poi coltivato nel giardino delle Esperidi e nei quali diversi studiosi, soprattutto recentemente, hanno visto proprio le arance al contrario della tesi maggiormente diffusa che le identificava come mele d’oro. Inoltre, a sostegno di una diffusione più antica in Europa, diversi testi latini parlano già nel I secolo di un frutto chiamato melarancia e ne localizzano la sua coltivazione in Sicilia. Entrambe le teorie potrebbero, però, essere vere con una coltivazione in Sicilia a partire dall’età antica che, però, arenatasi nei secoli dell’Alto medioevo sarebbe stata poi riscoperta dalla diffusione per mano dei marinai portoghesi o degli arabi. cosmopolismedia.it |
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