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Monsignor D’Ambrosio: 'Salviamo l'abbazia di Calena'
Accanto alle meravigliose bellezze naturali: spiagge, coste, insenature, grotte marine, pinete - devastate qualche anno fa da un terribile, rovinoso incendio -, c'è una perla artistica del X-Xll secolo: l'Abbazia di Santa Maria di Calena che ha mosso i suoi primi passi nel IX-X secolo con la presenza di una comunità monastica benedettina.
Una lunga storia. I monaci benedettini per secoli sono stati maestri di fede, di arte, di cultura, di lavoro. Una storia che conosce il suo arresto verso la fine del XVIII secolo quando passa al Demanio l'Abbazia con tutte le sue pertinenze: due chiese, fattorie, scriptorium in forte degrado. A questo periodo si parla di un'asta che assegna alla famiglia Martucci di Peschici l'intero complesso abbaziale trasformandolo in una azienda agricola. Circa due anni fa è crollata l'ultima parte del tetto che era rimasto in piedi dopò il crollo avvenuto negli anni '40 dello scorso secolo, non per una incursione aerea come sostengono alcuni , ma per il suo totale degrado e abbandono. Sono intervenuto varie volte presso la suddetta Sovrintendenza negli anni 2003-2009 quando ero arcivescovo di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo e quindi interessato e deputato alla conservazione e al rispetto dei luoghi sacri. I risultati: quali? Ormai c'è l'Abbazia che assiste da sola e con la sofferenza di pochi, alla sua 'agonia di pietre' che rotolano nell'indifferenza e ignavia dèlle proprietà, nel quasi silenzio assordante dell'autorità tutoria, leggi Sovrintendenza e nel pilatesco gesto di lavarsene le mani da parte delle altre autorità istituzionali. Ormai siamo in pochi a non tacere. In primis il Centro Studi Martella di Peschici e il suo presidente nella persona della prof. Teresa Rauzino - la stessa che le ha inviato una richiesta sul caso in questione: alla quale va la mia più sentita gratitudine, perché continua nel suo esercizio di Cassandra: grida, denunzia, promuove compagne di sensibilizzazione, ma nessuno di quelli che dovrebbero ascoltare interviene presso la proprietà perché tuteli e difenda un patrimonio di arte, di fede e di storia che ci è stato consegnato dalle generazioni che ci hanno preceduto nel corso di mille anni. Signor Ministro, prenda a cuore questa situazione: siamo al Sud. Ma possibile che nel nostro Sud dobbiamo continuare ad assistere alla latitanza di chi dovrebbe farsi presente secondo norme e leggi che regolano la tutela e difesa del patrimonio artistico, del nostro Paese?
Umberto Domenico
D’Anbrosio arcivescovo di Lecce
ondaradio.info
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